Oggi partecipo al Venerdì del Libro con un grande classico di Hemingway ..... che però non posso dire sia entrato nella mia classifica di libri preferiti e soprattutto penso che non lo rileggerò.
Più che di un libro, dovremmo parlare di un racconto.
Si legge d'un fiato, sia per la struttura che per la trama, che si possono definire semplici, sia per la scrittura molto fluida, essenziale ed asciutta, senza fronzoli.
Diciamo che è tutto piuttosto pittoresco e particolare, a tratti appassionante e a tratti forse anche un po' ripetitivo.
Senz'altro commuovente, soprattutto la fine.
Il tutto si incentra sul tema dell'uomo che affronta il suo destino a costo della vita ed il filo conduttore è il continuo ricostruire la propria vita e ripartire con orgoglio, umiltà, coraggio, perseveranza, rispetto della natura e degli animali.
In sintesi questa la trama.
Dopo ottantaquattro giorni durante i quali non è riuscito a
pescare nulla, il vecchio Santiago vive, nel suo villaggio e nei confronti di
se stesso, la condizione di isolamento di chi è stato colpito da una
maledizione.
Solo la solidarietà del giovanissimo Manolo e il mitico esempio di
Joe Di Maggio, imbattibile giocatore di baseball, gli permetteranno di trovare
la forza di riprendere il mare per una pesca che rinnova il suo apprendistato
di pescatore e ne sigilla la simbolica iniziazione.
Nella disperata caccia a un
enorme pesce spada dei Caraibi, nella lotta, quasi letteralmente a mani nude, contro
gli squali che un pezzo alla volta gli strappano la preda, lasciandogli solo il
simbolo della vittoria e della maledizione sconfitta, Santiago stabilisce,
forse per la prima volta, una vera fratellanza con le forze incontenibili della
natura e, soprattutto, trova dentro di sé il segno e la presenza del proprio
coraggio, la giustificazione di tutta una vita.
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