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26 luglio 2013

Il Venerdì del Libro - Mia suocera beve di Diego De Silva

Il romanzo racconta la storia dell’avvocato d’insuccesso Vincenzo Malinconico alle prese con un sequestro di persona ripreso in diretta dalle telecamere di un supermercato. Ad averlo studiato ed eseguito è un ingegnere informatico che ha progettato il sistema di video sorveglianza. Il sequestrato è un capomafia, che l’ingegnere considera responsabile della morte accidentale del suo unico figlio. Il piano è molto efficace: all’arrivo delle telecamere della televisione, l’ingegnere vuole raccontare il suo dramma e processare in diretta il boss. La scena del sequestro diventa cosí il set di un tragicomico reality, con la folla e le forze dell’ordine all’esterno del supermercato che assistono impotenti allo «spettacolo». La sola speranza d’impedire la tragedia è affidata proprio all’avvocato Vincenzo Malinconico, che l’ingegnere incontra casualmente nel supermercato e «nomina» difensore d’ufficio del boss nell’improvvisato processo.

Malinconico, con la sua proverbiale irrisolutezza, il suo naturale senso del ridicolo, la sua tendenza a rimuginare, uscire fuori tema, trovare il comico nel tragico, il suo riepilogare e riscrivere gli eventi recenti della sua vita privata (la crisi sentimentale con la sua compagna, le incomprensioni della sua ex moglie e dei due figli, l’improvvisa diagnosi di leucemia della sua ex suocera), riuscirà a sabotare il piano dell’ingegnere e forse anche quel gran casino che è la sua vita.
Attorno alla storia principale il protagonista inserisce dei temi di contorno che non sono molto diversi dai piccoli grandi problemi che ognuno di noi affronta quotidianamente (il lavoro, l'amore, la famiglia, il senso della giustizia) , tutti affrontati con una certa ironia e quel pizzico di impulsività tipiche dell'avvocato Malinconico. In qualche pagina il personaggio creato da De Silva filosofeggia un pò troppo, mentre l'argomento principale avrebbe meritato meno superficialità perche un padre disperato per la morte assurda del figlio vittima della camorra ma sospettato di essere ad essa colluso per una seria di fatalità, che cerca di riabilitare la memoria del ragazzo rischia di diventare una tragica macchietta.
La ruspante ironia di Malinconico non risparmia neanche il potente mezzo della televisione con tutti i suoi limiti e le sue falsità impersonate nella esilarante figura di Mary Stracqualorso, una specie di Aldo Biscardi in gonnella (ma molto peggio di lui...). De Silva si prende il rischio di tutti quelli che creano personaggi estremamente ironici , quando questi capitano nelle tragedie e le affrontano alla loro maniera , ti sembra che il loro modo di essere sia un pò fuori posto quasi che noi, un pò da ipocriti magari, pensiamo che non versino abbastanza lacrime, come se il loro senso di distacco dal dolore degli altri non sia quello che spesso "pratichiamo " egoisticamente anche noi .


Alla domanda “Consiglieresti la lettura di questo libro?” forse risponderei NI …. L’ho letto con piacere ma senza particolare slancio.

8 marzo 2013

Il venerdì del Libro - Ad occhi chiusi di Gianrico Carofiglio

L’avvocato Guido Guerrieri decide di costituirsi parte civile in un processo molto delicato che tutti i suoi colleghi hanno avuto l’accortezza di rifiutare. L’imputato è un certo Gianluca Scianatico, medico appartenente alla Bari bene, figlio di Ernesto, un noto e potente magistrato, ovvero il presidente della Corte d’Appello, motivo per cui nessun avvocato avrebbe voluto inimicarselo. Egli è accusato di gravi maltrattamenti e di atteggiamenti persecutori nei confronti della sua ex compagna Martina Fumai che, per sfuggirgli, è andata a vivere in una comunità protetta, gestita da suor Claudia, una suora atipica e di bell’aspetto che insegna boxe cinese.
La parte che riguarda il processo rappresenta il fulcro della narrazione ed è, diversamente da come si potrebbe immaginare, molto trascinante. Il confronto con il giudice, lo scontro con l’avvocato difensore di Scianatico, Dellisanti, sono narrati con una fluidità e con una chiarezza da rendere il lettore partecipe in prima persona.
Il linguaggio, molto spesso ironico e pungente, al di fuori del tribunale lascia spazio ad un velo di nostalgia, soprattutto nei frangenti in cui Guido si ritrova, come la maggior parte dei quarantenni, a fare i conti con il proprio vissuto: le amicizie perse, la voglia di cambiare vita.
Di solito trova conforto nei libri o rispolverando un vecchio disco, stavolta, nonostante sia affettivamente legato a Margherita, sua vicina di casa, è nell’amicizia di suor Claudia che riesce a placare i suoi crucci più profondi, forse perché si accorge che, in fondo, hanno parecchie cose che li accomuna. L’evolversi delle indagini e degli interrogatori porterà ad un epilogo drammatico ricco di colpi di scena in cui suor Claudia, ancora una volta, ha una parte preminente.
In questo libro si parla spesso di paure, delle più diverse. La memoria di esperienze forti e drammatiche condiziona in modo decisivo le nostre azioni, i nostri rapporti sociali, conducendoci spesso verso destini imprevedibili a volte anche fatali. Il tunnel della paura presenta sempre una via d’uscita, un modo per rientrare in carreggiata. La chiave di volta è dentro ognuno di noi, l’importante è non essere soli. Con l’aiuto del prossimo è sempre possibile abbattere il muro che ci isola nell’angoscia e ci allontana da noi stessi. E’ ciò che ha fatto suor Claudia quando, da bambina, nel riformatorio incontra suor Caterina, e da adulta dirige una comunità per donne vittime di maltrattamenti; ed è, infine, ciò che fa Guido lanciandosi col paracadute ad occhi chiusi, appunto, dall’aereo sconfiggendo per sempre la paura dell’altitudine.