24 aprile 2014

Come mi vorrei o come mi volete?

E così anche l'infallibile Belen, maestra di strategia e pubblico ha collezionato il suo primo flop.
È infatti flop di ascolti per Come mi vorrei, il programma di Italia1 condotto da Belen con l’obiettivo di rendere più belle le donne
Il programma è praticamente una riedizione più scosciata del Brutto Anatroccolo, privo però dell’ironia che era di Amanda Lear e Marco Balestri.
Oltre ad avere un'audience bassissima si è scatenata anche la rete dove gira una petizione per chiudere il programma tacciato di essere sessista.
Ebbene si .... A frenare gli ascolti, non è la perplessità iniziale, quella che Belen, bella com’è, non sia credibile per dare lezioni di bellezza.
ma è il punto di vista maschilista dello show che mira a trasformare le donne per farle piacere agli uomini .... e quindi il "Come mi vorrei" si trasforma presto nel "come mi volete"?
Infatti abbiamo la nerd cui è stata tolta “l’aria da oratorio”, una ragazza graziosa che a detta del parrucchiere di Belen “sembra una cassapanca dell’800” e che viene trasformata in una civettuola tutta trasparenze.
E l'episodio dovrebbe finire lì, ma ecco che Belen invita due aitanti rugbisti per l’approvazione finale che dichiarano entusiasti che ci uscirebbero a cena. La nerd è quindi pronta per essere palleggiata tra i due muscolosi bulli. Non fosse che spunta l’ex fidanzato che l’aveva piantata e che, folgorato dal cambiamento, se la riprende.
Diventa quindi facile immaginare che le donne, da casa, son lì che urlano sul divano “no, non farlo, quello lì non ti merita”. E subito dopo cambiano canale.
Come mi vorrei dipinge ragazze in balia del primo che passa, pronte a credere che la personalità stia nel trucco/parrucco e passi tra le trasparenze di un vestito e la felicità in un uomo – uno qualunque – che ti piglia.
C’è poi la 26enne laureata che non trova un ragazzo, “segni particolari: fredda” recita la scheda, e olé! Ci pensa Belen. Che sentenzia: «Se volete sapere tutto di una donna, dovete semplicemente guardare nel suo armadio».
E certo ..... Guardare, che so, nella sua libreria è ovviamente inessenziale.
Quindi Belen ravana nell’armadio della laureata e trova subito la ricetta: “Qui serve un bel reggiseno che la renda più appetibile”. L’ispezione è particolarmente accurata nel cassetto dell’intimo, che puzza di antitarme. Belen, sventolando uno slip color carne: “Qua non riusciamo ad arrapare neanche la tarma”.
Insomma, il trucco è svelato ------ lo scopo è arrapare.
Mica piacere a se stesse.
E a questo punto, scusate, chiunque cambierebbe canale!!!!!!!!

23 aprile 2014

A chi e a cosa serve tenere aperti i negozi la domenica?

Nei giorni scorsi c’è stata polemica tra sindacati e grande distribuzione per la richiesta da parte di quest’ultima di tenere aperti i negozi anche a Pasqua e Santo Stefano.
Indubbiamente da utente trovo comodo avere i negozi sempre aperti, da quando – mi sembra per decisione del governo Monti – è stata liberalizzata l’apertura domenicale.
Ma ne valeva davvero la pena?
I consumi non sono aumentati, anzi.
L’occupazione neanche (e del resto, se le vendite non aumentano, difficilmente si possono fare nuove assunzioni). E con la nuova normativa, credo che siano calati o spariti i supplementi che venivano riconosciuti ai dipendenti per il lavoro domenicale, a fronte di una vita personale più complicata.
In conclusione, si vende come prima (forse meno) con lo stesso personale (forse pagato meno).
E allora, si doveva proprio peggiorare la vita di chi lavora per la grande distribuzione, o titolare di un negozio in proprio è costretto a lavorare anche nei weekend o subire la concorrenza di chi lo fa?
Non sarebbe stato meglio continuare con la chiusura domenicale, salvo rare occasioni, e riposarsi tutti – tranne chi opera in servizi che devono per forza restare aperti – e magari passare più tempo insieme con i famigliari?
Ma fino a dove siamo disposti ad arrivare, a cosa siamo disposti a rinunciare, in nome di una concorrenza vista come valore a priori, anche quando non porta reali benefici?
Io per conto mio mi sono ripromessa di non fare più acquisti la domenica proprio per non alimentare questo mercato.
Non posso pensare che ci siano dei papà e delle mamme che non possono trascorrere delle giornate libere con i propri figli e negare così ad una famiglia normale cio' che di più importante ci sia al mondo .... DEL TEMPO DA PASSARE IN SERENITA' E SENZA FRETTA!!!

26 luglio 2013

Il Venerdì del Libro - Mia suocera beve di Diego De Silva

Il romanzo racconta la storia dell’avvocato d’insuccesso Vincenzo Malinconico alle prese con un sequestro di persona ripreso in diretta dalle telecamere di un supermercato. Ad averlo studiato ed eseguito è un ingegnere informatico che ha progettato il sistema di video sorveglianza. Il sequestrato è un capomafia, che l’ingegnere considera responsabile della morte accidentale del suo unico figlio. Il piano è molto efficace: all’arrivo delle telecamere della televisione, l’ingegnere vuole raccontare il suo dramma e processare in diretta il boss. La scena del sequestro diventa cosí il set di un tragicomico reality, con la folla e le forze dell’ordine all’esterno del supermercato che assistono impotenti allo «spettacolo». La sola speranza d’impedire la tragedia è affidata proprio all’avvocato Vincenzo Malinconico, che l’ingegnere incontra casualmente nel supermercato e «nomina» difensore d’ufficio del boss nell’improvvisato processo.

Malinconico, con la sua proverbiale irrisolutezza, il suo naturale senso del ridicolo, la sua tendenza a rimuginare, uscire fuori tema, trovare il comico nel tragico, il suo riepilogare e riscrivere gli eventi recenti della sua vita privata (la crisi sentimentale con la sua compagna, le incomprensioni della sua ex moglie e dei due figli, l’improvvisa diagnosi di leucemia della sua ex suocera), riuscirà a sabotare il piano dell’ingegnere e forse anche quel gran casino che è la sua vita.
Attorno alla storia principale il protagonista inserisce dei temi di contorno che non sono molto diversi dai piccoli grandi problemi che ognuno di noi affronta quotidianamente (il lavoro, l'amore, la famiglia, il senso della giustizia) , tutti affrontati con una certa ironia e quel pizzico di impulsività tipiche dell'avvocato Malinconico. In qualche pagina il personaggio creato da De Silva filosofeggia un pò troppo, mentre l'argomento principale avrebbe meritato meno superficialità perche un padre disperato per la morte assurda del figlio vittima della camorra ma sospettato di essere ad essa colluso per una seria di fatalità, che cerca di riabilitare la memoria del ragazzo rischia di diventare una tragica macchietta.
La ruspante ironia di Malinconico non risparmia neanche il potente mezzo della televisione con tutti i suoi limiti e le sue falsità impersonate nella esilarante figura di Mary Stracqualorso, una specie di Aldo Biscardi in gonnella (ma molto peggio di lui...). De Silva si prende il rischio di tutti quelli che creano personaggi estremamente ironici , quando questi capitano nelle tragedie e le affrontano alla loro maniera , ti sembra che il loro modo di essere sia un pò fuori posto quasi che noi, un pò da ipocriti magari, pensiamo che non versino abbastanza lacrime, come se il loro senso di distacco dal dolore degli altri non sia quello che spesso "pratichiamo " egoisticamente anche noi .


Alla domanda “Consiglieresti la lettura di questo libro?” forse risponderei NI …. L’ho letto con piacere ma senza particolare slancio.

19 luglio 2013

Il Venerdì del Libro - Il meglio che possa capitare a una brioche di Pablo Tusset

“Il meglio che possa capitare a una brioche è di essere imburrata”

Questo è il primo pensiero di Pablo Miralles, protagonista del romanzo di Tullet. Descrivere Baloo (è il suo soprannome) è davvero complicato: ha trent’anni, non ha un vero lavoro, vive a Barcellona, è un Miralles. Fin qui niente di strano. Peccato che la famiglia Miralles sia milionaria: il Signor Padre ha un conto in banca da far girare la testa, il Meraviglioso Fratello Sebastiàn The First è un imprenditore col fiuto per i grandi affari. Pablito invece va contro corrente. Centoventi chili di pigrizia, è allergico alle relazioni stabili e alle regole imposte dalla società: Bagheera, la Belva Lotus, e una carta di credito da cui attingere quasi illimitatamente a parte. Quando il Meraviglioso Fratello si caccia nei guai, Pablo non esita a mettersi sulle sue tracce e a sfruttare quei lussi che Sebastiàn si è lasciato alle spalle. Tutto inizia con un indirizzo. Barcellona, via Jaume Guillamet 15, e un fazzoletto rosso annodato a un lampione. Improvvisandosi investigatore alla ricerca del fratello misteriosamente scomparso, Pablo scopre quali scheletri si nascondano negli armadi dei Perfetti. Pablo si avvicina così a una nuova realtà, spaventosa e attraente al tempo stesso.

Il meglio che possa capitare a una brioche, è un libro stravagante. Un pò giallo, un pò comico, inquieta e stupisce di capitolo in capitolo, trascinando il lettore per una Barcellona moderna, festante ma anche fumosa. A farci percorrere le sue strade è un personaggio tanto semplice nelle esigenze quanto complesso nell’atteggiamento di fronte alla vita. E poi c’è la Fina, la coprotagonista: capelli arancioni, una vita coniugale deludente, la risata facile. Mai coppia poteva essere peggio assortita, eppure il mix è travolgente.

Il vortice di avventure ed imprevisti va avanti in un crescendo di suspence ed equivoci sino ad un finale che lascia letteralmente senza fiato e fa dire " No, non è possibile!". Lo stile è molto piacevole con dialoghi verosimili (parolacce incluse) ed estremamente divertenti (più volte ho dovuto interrompere la lettura e godermi inarrestabili risate lacrimose). Consiglio vivamente a tutti la lettura di questo romanzo.
 

12 luglio 2013

Il Venerdì del Libro - Sulla Strada di Jack Kerouac

Prima di leggere questo libro avevo letto diverse recensioni e opinioni, più che altro incuriosito non tanto dal libro in sé, quanto dello scrittore Kerouac, padre della Beat Generation.
Personaggio enigmatico e controverso, un po’ come tutti gli altri scrittori appartenenti alla Beat.
Per quello che riguarda il libro in sé, anche qui i commenti erano contrastanti, tra chi lo definiva un capolavoro da leggere in una notte (…una notte insonne…) e chi lo definiva un libro molto molto sopravvalutato.
Diciamo che dopo averlo letto, in una settimana, mi piazzo nel mezzo. Credo onestamente che il libro sia un bel libro, ma che in alcuni casi si faccia fatica ad andare avanti. Il libro, come molti sapranno già, parla della storia del protagonista Sal (Kerouac) e del suo amico Dean (Neal Cassidy) che in periodi differenti per ben 4 volte attraversano l’America con mezzi di fortuna, incontrando le persone più strane e visitando i luoghi più disparati dell’ America del 1950.
Lo stile, al contrario di quello che pensavo, è molto “pulito”. Poche sono le parolacce o i termini scurrili e anche le scene di sesso  in realtà sono toccate solo superficialmente. Sembra quasi una storia raccontata da un ragazzo per bene che improvvisamente perde la testa e decide di fare questi viaggi…
In risposta a chi dice che il libro in fin dei conti non parla di nulla dico che è pur vero che letta oggi nel 2013 questa storia può sembrare vuota di contenuti ed a tratti monotona, ma credo che il segreto di questo libro stia proprio nel riuscire (più di molti altri) ad immedesimarsi nel protagonista e quindi cercare di fare questi viaggi nel 1950.
Ecco così che il libro guadagna molti punti e diventa interessante sia per capire l’ambiente americano nel 1950, sia per capire le idee ed i pensieri del “giovane ribelle” Kerouac, che perdendosi per l’America cerca di trovare innanzitutto se stesso. Invece, una delle grosse pecche di questo libro sta nel soffermarsi, da parte dell’autore, eccessivamente su scene o situazioni poco rilevanti o di nessuna importanza per lungo lungo tempo.
Il libro diventa così lento e pesante in alcuni passaggi. In conclusione un libro che si legge, ma certo, onestamente, dal “manifesto della Beat” mi aspettavo qualcosa di più.
Il viaggio verso sud di Sal e Dean lungo le strade infinite del Texas e del Messico, è in definitiva un viaggio verso il nulla, nel quale ciò che importa non è arrivare, ma andare, muoversi indefinitamente nella speranza, che si sa comunque vana, di esorcizzare un'ansia e un male di vivere sempre crescenti, a dispetto delle rischiose vie di fuga offerte dall'alcol, dalla marijuana, dalla benzedrina. L'ineludibile bisogno di ribellarsi, il valore dell’amicizia, la ricerca dell’autenticità, e di una difficilissima appartenenza offrono le coordinate di un universo giovanile segnato dall’ombra nera della dissoluzione e della morte.


In definitiva però non lo rileggerei J
 

28 giugno 2013

Il Venerdì del Libro - Dieci Piccoli Indiani di Agatha Christie


Questo libro racconta di dieci persone che sono invitate su una strana isola, Nigger Island, da proprietari sconosciuti; queste persone sono il giudice Wargrave, le signorine Vera Claythorne e Emily Brent, Philip Lombard, il generale Macarthur, Anthony Marston, il signor Blore, il dottor Armstrong, il maggiordomo Rogers e sua moglie. Tutti si ritrovano assieme alla villa dell’isoletta.
La casa è molto bella e in ogni camera c’è una poesia attaccata sul caminetto, mentre sulla tavola del salotto ci sono 10 statuette di 10 negretti. La sera dopo cena si tutti si accomodano in salotto e ad un tratto sentono una voce che incrimina ogni ospite di aver commesso un omicidio.
Dopo poco sentono un tonfo e trovano Mrs Rogers svenuta; il dottore e suo marito la portano quindi in camera a riposare.
Tutti cercano di scoprire da dove proveniva la voce e dopo qualche ricerca scoprono che essa proveniva da un grammofono: a questo punto Rogers confessa di aver messo lui il disco su ordine dei signori Owen. Tony Marston è il più nervoso e per rilassarsi beve tutto di un fiato il suo bicchiere di whisky cadendo a terra stecchito! Il bicchiere di whisky infatti è pieno di cianuro di potassio.
Tutti sono sconvolti e decidono di andare a letto. La mattina dopo tutti stanno bene, ma ad un tratto Rogers si reca dal dottore per dirgli che sua moglie non riusciva a svegliarsi: il dottore corre subito in camera della donna e si accorge che è morta nel sonno. Al momento della colazione gli ospiti si accorgono che sulla tavola ci sono due statuette in meno!
Il giorno dopo viene trovato il corpo di Rogers ucciso da un’ascia mentre stava spaccando della legna. Piano piano tutti gli ospiti vengono uccisi seguendo l’ordine della poesia appena sul caminetto ed ogni volta una statuetta scompare dal tavolo del soggiorno… Chi sarà il colpevole?
Una storia claustrofobica e angosciante, in cui la morte è la grande protagonista. La storia si sviluppa secondo la filastrocca dei Ten Little Niggers, che uno alla volta cadono sotto i colpi della Grande mietitrice. I protagonisti sono costretti a convivere nel reciproco sospetto e con l'angoscia per il passato che non passa e l'ineluttabile destino che non tarderà a compiersi.

La genialità dell'autrice sta nel rendere tutti i presenti colpevoli di un delitto precedente e quindi possibili organizzatori di questo assassinio di massa. Per di più, più si va avanti con il libro, più sembra che i sospetti sfumino... Decisamente il miglior libro della Christie che abbia mai letto. Non solo la soluzione del giallo è bellissima (ma questo è caratteristico di tutti i libri che ho letto di questa autrice), ma il romanzo è praticamente sempre emozionante. Il racconto diventa sempre più avvincente man mano che ci si spinge avanti nella lettura delle pagine, con il lettore che è portato a chiedersi quale sarà la prossima vittima, in che modo verrà uccisa, come possa essere stato macchinato tutto questo... nel finale ogni tassello trova il suo posto, in un puzzle che ho trovato praticamente perfetto. Lo consiglio a chiunque avesse voglia di leggere un giallo geniale ed emozionante allo stesso tempo, fra le altre cose non è eccessivamente lungo e si legge in qualche ora!

30 maggio 2013

Il Venerdì del Libro - "Il vecchio e il mare" di Ernest Hemingway

Oggi partecipo al Venerdì del Libro con un grande classico di Hemingway ..... che però non posso dire sia entrato nella mia classifica di libri preferiti e soprattutto penso che non lo rileggerò.
Più che di un libro, dovremmo parlare di un racconto.
Si legge d'un fiato, sia per la struttura che per la trama, che si possono definire semplici, sia per la scrittura molto fluida, essenziale ed asciutta, senza fronzoli.
Diciamo che è tutto piuttosto pittoresco e particolare, a tratti appassionante e a tratti forse anche un po' ripetitivo.
Senz'altro commuovente, soprattutto la fine.
Il tutto si incentra sul tema dell'uomo che affronta il suo destino a costo della vita ed il filo conduttore è il continuo ricostruire la propria vita e ripartire con orgoglio, umiltà, coraggio, perseveranza, rispetto della natura e degli animali.
In sintesi questa la trama.
Dopo ottantaquattro giorni durante i quali non è riuscito a pescare nulla, il vecchio Santiago vive, nel suo villaggio e nei confronti di se stesso, la condizione di isolamento di chi è stato colpito da una maledizione.
Solo la solidarietà del giovanissimo Manolo e il mitico esempio di Joe Di Maggio, imbattibile giocatore di baseball, gli permetteranno di trovare la forza di riprendere il mare per una pesca che rinnova il suo apprendistato di pescatore e ne sigilla la simbolica iniziazione.
Nella disperata caccia a un enorme pesce spada dei Caraibi, nella lotta, quasi letteralmente a mani nude, contro gli squali che un pezzo alla volta gli strappano la preda, lasciandogli solo il simbolo della vittoria e della maledizione sconfitta, Santiago stabilisce, forse per la prima volta, una vera fratellanza con le forze incontenibili della natura e, soprattutto, trova dentro di sé il segno e la presenza del proprio coraggio, la giustificazione di tutta una vita.